A Trento, alle 20.30 Sala Video Auditorium Santa Chiara.
L’Intervista su Vita Trentina del 25 settembre 2013
La chiamano già la Primavera Colombiana e per alcuni potrebbe cambiare gli equilibri politici di uno dei governi più reazionari dell’America latina: lo sciopero nazionale dei contadini che dal 19 agosto paralizza la Colombia sta agglomerando diversi settori della società e al fianco di campesinos e piccoli produttori agricoli, stanno scendendo in piazza studenti, intellettuali, comunità indigene e migliaia di cittadini.
Di certo però c’è la reazione violenta dello Stato: 660 i casi di violazione dei diritti umani, 485 feriti, 14 giornalisti brutalmente picchiati, 12 contadini uccisi e 262 arresti arbitrari, oltre alcuni desaparecidos. Cui si devono aggiungere i nuovi fatti di violenza degli ultimi giorni, fra cui l’assassinio del giovane Nelson Geraldo Posada, 31 anni, delll’associazione internazionale Rios Vivos: esponente di una delle vertenze più forti della regione di Antioquia – la discussa costruzione della diga HidroItuango – è stato trovato cadavere sulle rive del Rio Cauca. Anche un nostro conterraneo, Christian Degasperi, da anni a Bogotà, si è trovato in mezzo agli scontri: lacrimogeni e manganelli durante una manifestazione di solidarietà ai contadini nella capitale, “da tempo non vedevo tanta ferocia da parte dei poliziotti, che ci inseguivano con le moto per le strade”, ci ha raccontato.
In Colombia, paese in stato di guerra da mezzo secolo e che può contare il triste primato di seconda nazione al mondo per sfollati interni (la supera solo il Camerun), la violenza fa parte della quotidianità. E’ uno dei paesi più ricchi di materie prime e di biodiversità. Eppure iil 67% della popolazione vive al di sotto della linea di povertà con 11 milioni sono indigenti, per lo più minori, e oltre la metà della popolazione non ha accesso all’acqua potabile.
Le immagini dei famigerati battaglioni antisommossa ESMAD (Escuadrón Móvil Antidisturbios) che vanno casa per casa a prendere i contadini, sparando i gas lacrimogeni direttamente dalle finestre hanno fatto il giro del mondo, eppure sui nostri giornali quasi non se ne trova traccia.
Ecco perché sarà importante il prossimo 2 di ottobre a Trento ascoltare la testimonianza diretta dell’antropologo e difensore dei diritti umani Santiago Mera, membro della Commissione Justicia y Paz, un’organizzazione interecclesiastica che da 25 anni lotta in prima linea contro l’impunità e per dare voce alle vittime del conflitto. Ospite dell’associazione trentina Yaku, con la quale Justicia y Paz sta sviluppando un progetto di solidarietà di appoggio ad una rete di acquedotti comunitari, Mera ci aiuterà a sviluppare una riflessione più ampia, che dalla Colombia arrivi fino alle politiche economiche europee e al Trentino: la finanziarizzazione del territorio e dei beni comuni, la corsa per l’accaparramento delle risorse energetiche ed alimentari, nei paesi lontani dai nostri occhi si sviluppa secondo dinamiche violente ed antidemocratiche, e questo è un fatto di cui prendere atto.
Il prossimo 6 di ottobre una carovana internazionale di giornalisti, attivisti ed organizzazioni anche trentine, raggiungerà la Colombia per portare solidarietà alle comunità, accompagnati anche da Don Angelo Cassano, il “prete dell’acqua”di Bari, come il nostro Alex Zanotelli.
“Stiamo assistendo alla faccia più dura del Governo del Presidente Manuel Santos – ci spiega Santiago Mera – che non vuole ascoltare le ragionevoli richieste dei contadini, strozzati dai nuovi accordi commerciali con gli Stati Uniti: il TLC (Trattato di Libero Commercio) impone loro semi, prezzi e fertilizzanti Un sistema di debito che obbliga un contadino a dover pagare fino a 25 milioni di COP (quasi 10.000 euro) per avere semi transgenici e prodotti chimici, che alla fine rendono inerme la terra e costringono le famiglie a dover comprare anche gli alimenti per la propria sopravvivenza alimentare”.
In questi mesi abbiamo visto filmati e fotografie che raccontano un uso massiccio della forza militare per sedare la protesta.
La Colombia, per il conflitto che vive da molti decenni, si può dire un paese in gran parte militarizzato, soprattutto nelle zone dove operano le multinazionali: l’estrazione di oro, petrolio, carbone. Ma anche la coltivazione di agrocombustibili, di prodotti agricoli – pensiamo alla Monsanto – e la produzione di energia: l’italiana Enel, nella regione del Huila, sta costruendo una enorme diga sul Rio Magdalena di cui gli abitanti locali non trarranno alcun beneficio perché l’energia prodotto verrà venduta. Eppure, si parla di 8000 ettari di fertile terreno inondato, e lo sfollamento di migliaia di persone, cui non viene offerta alcuna alternativa di sostentamento. Si andranno ad aggiungere ai circa 7 milioni di sfollati che vagano ai bordi delle città senza prospettive ed in gravissima povertà, e intanto vengono quotidianamente intimiditi e sottoposti a maltrattamenti.
La comunità internazionale stava nutrendo grandi speranze dai tavoli di dialogo fra FARC e Governo
All’Avana, dove si stanno tenendo gli incontri, si sta arrivando ad un accordo per la fine del conflitto. La richiesta è che ci sia un reale coinvolgimento della società civile. Lo sciopero agrario è, in questo senso, un segno di grande speranza per il Paese: lo stanno appoggiando tutti, perfino le Università private e settori storicamente conservatori.
Quale importanza ha in questo momento l’appoggio e l’attenzione internazionale?
In Spagna, dove sto collaborando con un’associazione per i rifugiati, ed ora in Italia, voglio denunciare con forza i gravi atti contro i diritti umani perpetrati dai militari a danno della popolazione inerme. Anche Vandana Shiva, oltre che Amnesty International, sono al fianco della pacifica mobilitazione contadina. Avere l’appoggio della comunità internazionale è doppiamente importante: per uscire dall’omertà in cui certi fatti avvengono, e perché è il momento di lottare insieme, affratellandoci fra popoli, contro la colonizzazione dei territori per mano di grandi corporation internazionali che con le loro politiche economiche perverse stanno attuando un biocidio. Ecco perché anche la Carovana Internazionale che partirà dall’Italia in ottobre ha un’enorme significato per noi.
L’appuntamento del 2 ottobre a Trento (per info su luogo ed orario www.yaku.eu) prevede un confronto con la cittadinanza anche su tematiche locali, cui sono tutti invitati.